OLDUVAI DI DAZ DANIELA MORETTI

OLDUVAI
DAZ Daniela Moretti

Prima del focolare, luogo di racconti lamentosi e consolatori, c’è il grido che aduna gli uomini in preda al terrore (Umberto Galimberti).

Daniela Moretti si interessa in questa ricerca dell’amigdala. È curiosamente intrigante come questo termine identifichi sia un utensile, una pietra scheggiata attribuita all’homo erectus (mezzo milione di anni fa), sia quella parte del cervello umano che coordina le paure. Intrigante perché, come ricorda Galimberti, la paura è quel primo motore che aduna gli uomini e li spinge ad entrare nel mondo della tecnica.

Quello descritto in questo volume è un viaggio nella genesi della tecnica; l’autrice cerca di scavare nell’essenzialità più profonda dell’oggetto tecnico per analizzarne la sua essenzialità strutturale e intravedere l’equivoco che da una scheggiatura della pietra dà origine ad un’immagine rappresentativa: un volto, una forma o altro. Un viaggio, quindi, nella genesi della creatività.

Ciò che ritengo essenziale della ricerca di Daniela Moretti è il suo tentativo di decontestualizzare l’oggetto privandolo del suo ruolo e del suo scopo. Essenziale poiché il corpo, nell’approcciarsi ad un oggetto, lo identifica e gli assegna un’identità familiare od ostile dal momento che ne riconosce quella che Merleau-Ponty definiva “l’intenzionalità corporea di un oggetto”.

Il lavoro di decontestualizzazione spinge l’osservatore dell’opera a creare ciò a cui il chopper  (o amigdala) allude fuori dalla sua utilità tecnica. Questa operazione straordinaria trascina l’oggetto in una dimensione sacrale che ne sfoca i contorni e lo consegna all’immaginazione, determinandone la sua incommensurabilità. Quel sasso diventa uno strumento attraverso cui scatenare un mondo immaginario. Questa modalità la conosceva benissimo Jorge Luis Borges che la estremizza in uno dei suoi memorabili racconti; ne “Il libro di sabbia” leggiamo la storia di un re sassone che in un pomeriggio nevoso bussò alla porta di una capanna al limitare del bosco. L’avaro boscaiolo senza nome che abitava la capanna lo accolse offrendogli da mangiare. Isern, questo il nome del re, per dimostrare di essere ancora il re dei sassoni mostrò al boscaiolo il disco di Odino che teneva celato nel palmo della mano. “Aprì la mano ossuta. Non c’era niente. Era vuota. […] Disse guardandomi fisso: ‘puoi toccarlo’. Con una certa diffidenza, sfiorai con la punta delle dita il suo palmo. Sentii qualcosa di freddo e vidi un brillio. […] ‘E’ il disco di Odino. Ha un solo lato. Sulla terra non c’è nient’altro che abbia un solo lato. Finché l’ho in mano sarò il re’. ‘E’ d’oro?’ Gli chiesi. ‘Non lo so. E’ il disco di Odino e ha un solo lato’.”

Utilizzando la chimera appena descritta da Borges, Daniela Moretti ci consegna le sue opere di pittura e scultura invitandoci a non costruire per esse dei confini entro cui riconoscerle. Il suo è un leggerissimo accenno simbolico che nella pittura si manifesta con segni secchi ed essenziali ed in scultura con antichi oggetti decontestualizzati e riletti. Il simbolo che fa emergere nelle opere è il bandolo di un filo che, se seguito, ci riporterà al mondo con un nuovo modo di sentire.

Location

ImmobiliareArt
Sistiana 48, Duino-Aurisina, 34011
Trieste

Data e ora Inaugurazione

Venerdì 28 settembre 2018
Ore 18.30

Orari Mostra

Dal 29/09/18
Al 27/10/18
Prenotazione consigliata

Contatti

+39 3392865174
+39 3394638777
info@immobiliareart.it